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16) L’ antico stemma di Sorrento era diverso da quello attuale

I SEGRETI, LE SCOPERTE ED I MISTERI DEL SEDIL DOMINOVA: LO STEMMA CON SEI FUSI E I “COLLARI” CANCELLATI
Dopo aver passato in rassegna ogni testimonianza che potesse contribuire a stabilire con certezza l’epoca a cui far risalire l’esistenza dell’ arma della Città del Tasso nella sua foggia attuale, non resta altro da fare se non prendere in considerazione altre importantissime prove, grazie alle quali è possibile affermare che, anche prima del XVI secolo Sorrento aveva sì un proprio stemma, ma esso era leggermente diverso da quello che oggi conosciamo.
Ironia della sorte le indicazioni più rilevanti sono visibilissime perché poste in bella evidenza nel pieno centro storico: presso il Sedil Dominova.
L’antico seggio nobiliare, per noi, è stata un’ autentica “miniera” dalla quale estrarre spunti di riflessione.
Tra le sorprese più significative che riguardano la nostra indagine balzano in evidenza quelle derivanti dallo stemma tufaceo posto sulla parte alta del lato del monumento che delimita l’attuale via Padre Reginaldo Giuliani. Esso, sia pure con le peculiarità che approfondiremo in seguito, offre la prova che Sorrento aveva una propria arma fin dai primi anni del XIV secolo.
A fornire una assoluta certezza in questo senso è un altro stemma posto alla stessa altezza di quello già citato, ma sul lato del medesimo edificio che si affaccia su Via San Cesareo e che raffigura le insegne degli angioini.
Sul punto è bene sgomberare il campo da equivoci: l’ipotesi che i due stemmi possano essere considerati come prezioso materiale di risulta ricavato da precedenti corpi di fabbrica e adoperato per ingentilire la struttura monumentale è priva di ogni fondamento.
Se per assurdo, la costruzione del Sedile risalisse al XV o, addirittura al XVI secolo, infatti, lo stemma della casa regnante sarebbe stato un altro. Un nuovo dominatore, forse, avrebbe potuto tollerare o ignorare la presenza del blasone dei suoi predecessori su un edificio nobiliare (come, in effetti, è avvenuto nel caso di Sorrento).
Mai e poi mai, invece, avrebbe potuto permettere l’utilizzazione di uno stemma diverso dal proprio per restaurare un sedile o per costruirlo ex novo.
Anche volendo immaginare che si tratti di reperti risalenti all’ultimo periodo della monarchia angioina, in ogni caso, non si supera il primo quarto del 1300.
La qualcosa, evidentemente, ci permette di fare chiarezza ed effettuare un ulteriore balzo indietro nel tempo.
Tuttavia proprio il Sedil Dominova dimostra quanto possano essere ingannevoli certe apparenze e fuorviante la passiva accettazione di tesi poco scrupolosamente sostenute da altri.
Una prima considerazione, ad esempio, riguarda proprio l’intolleranza provata da una nuova casa regnante nei confronti delle insegne dei suoi predecessori e, al tempo stesso la datazione degli affreschi dipinti sulle pareti del Sedile.
I più si accontentano di affermare che essi sono di epoca settecentesca e sono attribuibili ad un non meglio identificato artista formatosi alla scuola di Carlo Amalfi.
Nessuno, invece, dice che gli stessi dipinti sono stati sicuramente alterati, in epoca molto più tarda, almeno nella parte che ritrae… lo stemma di Sorrento!!!
Nella parte posta in basso a destra di chi guarda l’arma cittadina, infatti, sono ancora ben visibili alcuni ornamenti dei collari (probabilmente di due ordini cavallereschi di Casa Borbone.
Il che lascia supporre la sovrapposizione delle insegne cittadine a quelle degli ultimi re delle due Sicilie, o comunque, in epoca post-unitaria e, quindi, successiva al 1861.
E’ facile immaginare che i filo-savoiardi (coerentemente con quanto  sostenuto in precedenza a proposito del blasone angioino), mal tollerando ogni ricordo dei loro predecessori, possano essersi premurati di commissionare le “correzioni” almeno per far scomparire i collari.
Più che procurare soddisfazione, però, la scoperta alimenta ulteriore curiosità, finendo con il generare nuovi interrogativi: è possibile immaginare che sotto i dipinti oggi visibili ce ne siano altri ancora più antichi? La possibilità, in questo caso è assai verosimile soprattutto per la parete dalla quale si accede ai locali della segreteria della Società Operaia, mentre è più improbabile per l’altra superstite parete perché essa potrebbe essere stata realizzata in seguito alla demolizione della Chiesa di San Salvatore a Dominova.
Il soffermarsi su questa antica vicinanza, peraltro, consente di rilevare che il modello architettonico del sedile in questione richiama alla mente quello, per certi versi assai simile della basilica di San Giovanni in Terra Santa che fu uno dei primissimi e più importanti punti di riferimento dei monaci-guerrieri ospedalieri  oggi conosciuti con il nome di Cavalieri dell’Ordine di Malta. Ciò malgrado il fatto che l’accostamento non dovrebbe alimentare null’altro che il riscontro di una semplice similitudine in ragione del fatto che la Piazza sorrentina ha raggiunto la sua conformazione attuale solo con la realizzazione della cupola (di epoca assai più tarda rispetto a quella di edificazione del monumento).
Voler trarre conclusioni osservando gli aspetti architettonici della costruzione è un altro errore imperdonabile.
Ricavare la data di nascita di un nucleo aristocratico locale, alternativo a quello presente nel seggio di Porta, affidandosi a quanto si vede oggi del Sedil Dominova equivale a lasciarsi andare ad azzardi che non consentono di risalire oltre il XIV secolo.
Una pista questa, che tra le possibili cause della scissione trova il solo conforto di violenti, ma occasionali scontri che insanguinarono le strade cittadine (per ragioni nemmeno troppo chiare) nel 1319.
Molto più facilmente dimostrabile, invece, è la tesi – come si vedrà in seguito – volta a dimostrare l’esistenza della Piazza, almeno come istituzione, nel secolo precedente.
Un’ ultima considerazione sul seggio nobiliare superstite, riguarda le caratteristiche dello stemma tufaceo sorrentino a cui si è già fatto riferimento in precedenza.
Esso, infatti, riporta sei fusi e non cinque. Di questi uno è quasi scomparso.
Probabilmente perché oggetto delle abrasioni operate da una mano che – forse alla fine del 1300 – cercò di uniformare l’arma alla sua foggia attuale.
Un caso questo – purtroppo non unico – che attenua ma non cancella le nuove certezze.
La possibilità che un grossolano errore di manifattura possa aver fatto sì che i rimanenti cinque fusi non siano centrati allo scudo non è attendibile soprattutto se si considera la finezza e la precisione del cesello riscontrabile tanto nella realizzazione dell’arma in questione quanto nel poco distante ed ancor più impegnativo stemma angioino.
Molto più probabile, invece, è l’ipotesi di una variazione dell’  insegna sorrentina nel corso degli anni. E la cosa troverebbe una giustificazione nelle evoluzioni che si sono registrate nel tempo sotto il profilo devozionale.
All’epoca, infatti, con ogni probabilità, ai cinque attuali Santi Patroni veniva affiancato anche San Gennaro.

© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento