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Cominciamo a fare chiarezza

Avendo chiarito nella pagina https://www.ilmegliodisorrento.com/il-cardinale-di-sorrento-che-assolse-i-templari/ (che rappresenta la premessa del nostro lavoro) il fatto che Landulfo Bulcano di Sorrento fu tra i protagonisti della storia del Regno di Napoli e dello Stato Pontificio, tra la fine del Duecento e gli inizi del XIV secolo (nonché delle vicende che accompagnarono la fine dei templari) ed avendo aggiunto che la sua intera famiglia è stata al centro delle attenzioni dei sovrani angioni napoletani fino a giungere a livelli di ineguagliabile fama, prestigio e ricchezza, è giusto, lecito e spontaneo domandarsi: come è possibile che un tal genere di personaggio possa avere corso il rischio di finire nell’ oblio, per lasciare il posto ad una sorta di “clone” appartenente a tutt’ altra casata (quella della famiglia Brancaccio di Napoli) e con assai più misera storia personale (gli unici “vanti” del falso Cardinale Landulfo Brancaccio sarebbero stati quelli: di essere stato Vescovo di Aversa e di appartenere ad una nobile famiglia)???
Noi stessi, fin dal principio, ci siamo chiesti: come è possibile un simile abbaglio?
Come fare per giustificare una contrapposizione rispetto ad una quasi unanime linea di tendenza?
Quali osservazioni formulare per contestare, in maniera credibile, i contenuti di una copiosa bibliografia richiamata da svariati e famosi autori – ed in particolare da Walter Ingeborg nel Dizionario Enciclopedico degli Italiani dell’ Istituto dell’ Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani”(1) – tutti convinti del fatto che il cardinale Landulfo di Sant’ Angelo fosse un appartenente alla casata dei Brancaccio?
Chi siamo noi, per contestare i risultati di una storiografia autorevole, perché avvalorata dagli scritti e dagli studi di accreditati ricercatori e prestigiosi accademici?
La risposta è stata sempre la stessa: Noi non siamo “niente” di fronte a tanta “intellighenzia”. Né, meno che mai, siamo sufficientemente accreditati per sostenere “tout court” una tesi di segno opposto rispetto a quella prevalente senza poterci avvalere di più che valide motivazioni.
La consapevolezza della nostra condizione di inferiorità conclamata, rispetto a prestigiosi studiosi, storici, ricercatori ed accademici, unitamente alla pochezza degli elementi di cui disponevamo dieci anni fa, però, non ha affievolito la nostra curiosità.
Viceversa l’ ha accentuata.
Quasi come se fossimo stati presi dal desiderio di vincere una “sfida impossibile”, abbiamo continuato a cercare, a studiare, a verificare.
Paradossalmente più abbiamo cercato, più abbiamo studiato e più abbiamo verificato…. e più abbiamo avuto la certezza della bontà delle nostre tesi: il Cardinale Landulfo di Sant’ Angelo in Pescheria – divenuto tale tra la fine del XIII secolo e gli inizi del Trecento –, a dispetto di quanto sostenuto dalla stragrande maggioranza degli esperti in materia di storia templare, di storia ecclesiastica e di storia medioevale, era un appartenete alla famiglia Bulcano di Sorrento e non alla casata dei Brancaccio di Napoli.
A sorreggerci, nelle nostre nelle nostre convinzioni e nell’ andare avanti nelle nostre ricerche, ha concorso – tra l’ altro – quanto osservato, non da uno storiografo qualunque, ma da Bartolommeo Capasso.
Questi – oltre ad essere autore di una cospicua bibliografia comprendente numerose opere considerate monumentali per la storia di Napoli e per quella di Sorrento – nel dicembre del 1875 fondò (assieme ad alcuni studiosi tra i quali figurano: Giuseppe, Giorgio, Luigi e Scipione Volpicella, Francesco Correale, Bernardo Gaetani e Vincenzo Cuomo) la Società napoletana di Storia Patria che ha sede nel Castelnuovo (anche conosciuto con il nome di “Maschio Angioino”) e divenne nel 1882 Direttore soprintendente dell’ Archivio di Stato di Napoli.
Queste qualifiche, unitamente a quella di socio dell’ Accademia Nazionale dei Lincei gli consentirono, tra l’ altro, l’ accesso, la consultazione e lo studio di documenti originali facenti parte della cancelleria angioina (di fatto andata distrutta durante la seconda guerra mondiale), o comunque risalenti a quell’ epoca.

Mezzobusto bronzeo ubicato nella Villa Comunale di Sorrento che ritrae Bartolommeo Capasso

Mezzobusto bronzeo ubicato nella Villa Comunale di Sorrento che ritrae Bartolommeo Capasso

E’ un particolare, quest’ ultimo, di grande rilevanza per accreditare ulteriormente – laddove ce ne fosse bisogno – quanto affermato, proprio dal Capasso, nelle note poste a commento delle notizie fornite a proposito del Monastero della Santissima Trinità di Sorrento, nell’ ambito dell’ opera intitolata “Memorie storiche della Chiesa Sorrentina”.
Proprio in queste note, infatti, il famoso studioso nell’ evidenziare che la struttura ecclesiastica appena citata fu fatta erigere dal Cardinale Landulfo Vulcano di Sorrento, ha avuto modo di puntualizzare: “Di questo nostro cardinale poco o nulla accennano il Ciacconio, ed i nostri patrii scrittori. Il Patriarca Antiocheno (Monsignor Filippo Anastasio, Arcivescovo di Sorrento dal 1699 al 1724(2), nella sua opera intitolata “Lucubrationes in Surrentinorum ecclesiasticas Civilesque antiquitates”(3) n.d.r.) sospettò, che fosse uno di que’ due Landulfi de’ quali egli trova memoria, il primo nella consacrazione della Chiesa di Mantecasino sotto Alessandro II, e l’ altro nel diploma del 1107 pel Monastero di S. Benedetto di Mantova (V. Ciacconio ed. 1677 t. 1. Fol. 829 e 892). Ma quanto egli andasse lungi dal vero noi lo dimostreremo altrove più opportunamente. Per ora ci basterà soltanto accennare che Landulfo fu creato Diacono Cardinale del titolo di S. Angelo nel 1294 da S. Celestino V, come si rileva dal Chron. Sues. pubblicato dal Pelliccia t. 1. p. 60 e che nel 1299 fu Legato Apostolico nel regno di Napoli ed in Sicilia, e nel 1309 anche in Francia per la causa de’ Templari. (V. reg. 1299. A. fol. 14 a t. e Fantuzzi Mon. Rav. t. Vl p.120). Vero è che alcuni nostri scrittori han creduto che questo Cardinale del titolo di S. Angelo fosse appartenuto alla famiglia Brancaccio, non ai Vulcani; ma noi rileviamo con certezza, il contrario da sicuri documenti, e tra l’ altro dal registro 1304 1305 D. fol. 25 ove trovasi Landulphus S. Angeli Diaconus Cardinalis ed Ettore Vulcano fratelli esecutori del testamento di Bartolomeo Vulcano. Forse il nostro Cardi¬nale fini di vivere dopo il 1341”(4).
In realtà l’ ipotesi formulata dal Capasso, circa l’ epoca a cui far risalire la morte del cardinale, nel tempo, ci ha creato qualche sconcerto e procurato dubbi sulla attendibilità delle notizie da lui rese note.
Tuttavia, almeno in questa fase, riteniamo di trascurare quest’ aspetto (quello dell’ epoca della morte del cardinale) perché frutto di congetture che non fanno riferimento ad alcuna specifica fonte e perché lo stesso accademico – con grande scrupolo, nello scrivere “Forse il nostro Cardi¬nale fini di vivere dopo il 1341”, volle far comprendere che non solo non disponeva di elementi per potersi dire sicuro, ma che lui stesso nutriva qualche perplessità circa l’ effettiva epoca del decesso.
Più opportuno, invece, ci sembra il concentrarci sulle notizie fornite – in questo caso con certezza – a proposito delle vicende testamentarie di Bartolomeo Vulcano (e che videro interessati Landulfo ed Ettore Vulcano) perché tratte direttamente da un registro della cancelleria angioina, a cui – come abbiamo precisato in precedenza – Bartolommeo Capasso aveva agevole accesso.
E non solo.
Egli, infatti, specifica di essere a conoscenza dell’ esistenza di un “clone” avente un diverso cognome e puntualizza che le tesi sostenute dal Ciacconio, sono da ritenersi errate!
A prescindere da questo spunto, in ogni caso, le nostre ricerche sono proseguite fino a consentirci di giungere a sempre più solide conclusioni in ordine alla vera identità del Cardinale di Sant’ Angelo in Pescheria che – come già più volte evidenziato – fu Landulfo Bulcano (o Vulcano che dir si voglia).
Questo genere di accertamento, però, non poteva esimerci dall’ individuare le ragioni ed i motivi che hanno determinato tanta confusione, facendo sì che, con il trascorrere dei secoli, si affermasse l’ erronea tesi tendente ad affermare che il Cardinale del quale si parla fosse, a dispetto della verità, un appartenente alla famiglia Brancaccio di Napoli piuttosto che un appartenente alla famiglia Bulcano di Sorrento.
Le cause principali che hanno determinato l’ insorgenza di questo clamoroso abbaglio sono almeno due:
1. L’ improvvisa caduta in disgrazia (nella seconda metà del Quattrocento) dei discendenti – più o meno diretti – del Cardinale Diacono Landulfo Bulcano del titolo di Sant’ Angelo in Pescheria.
Le traversie che videro interessata questa casata poco dopo l’ arrivo degli Aragonesi – come si vedrà in seguito –, infatti, non solo comportarono un improvviso impoverimento ed una repentina perdita di importanza dei Bulcano appartenenti al ramo dei parenti più prossimi del cardinale Landulfo (in parte perfino estromessi dal godimento degli onori precedentemente vantati presso il Sedile di Nido a Napoli), ma ne determinarono una progressiva marginalizzazione nella vita della capitale partenopea e dell’ intero regno.
Proprio per effetto dell’ improvviso immiserimento a cui abbiamo appena fatto riferimento, tra l’ altro, questa famiglia perse diversi jus patronati precedentemente vantati su alcune cappelle ubicate nelle più importanti chiese di Napoli (soprattutto nella Chiesa di San Domenico Maggiore), nonché – almeno per qualche secolo – la forza e la credibilità necessarie per rivendicare il vero ruolo e la dignità del Cardinale Landulfo rispetto a qualsiasi antagonista.
2. Le false informazioni – mai controbattute, né smentite perentoriamente se non da Ferdinando Ughelli (5) – contenute nella pubblicazione di una delle prime opere a stampa della storia della chiesa cattolica ad opera di Alfonso Chacon (ergo Alfonso Ciaconius, o Ciaconius o, in italiano, Alfonso Ciacconio) (6).
A queste si aggiunsero le notizie e le informazioni contenute in lapidi (peraltro non più rinvenibili) di cui parleremo e su cui ci soffermeremo nelle pagine più opportune.
Tra queste, ce ne sono alcune che vedono interessati perfino appartenenti alla stessa famiglia Bulcano (nel frattempo divenuta ufficialmente famiglia Vulcano).
A queste prime due cause potrebbe aggiungersene una terza, anche se dobbiamo ammettere che, allo stato, non disponiamo di elementi tali che ci consentano di esprimerci in termini di assoluta certezza.
I cardinali che appartennero alla famiglia Bulcano, a dispetto di quanto fino ad ora ritenuto, invece di essere due – uno di nome Landulfo (vissuto tra la seconda metà del Duecento e l’ inizio del XIV secolo) e l’ altro di nome Marino (vissuto nel Trecento) – potrebbero essere stati addirittura tre.
Di questi, due porporati potrebbero avere avuto lo stesso nome (Landulfo Bulcano) ed essere stati elevati al soglio cardinalizio a breve distanza di tempo l’ uno rispetto all’ altro.
Se così fosse – come sospettiamo, ma non possiamo ancora affermare in termini perentori – ben si comprenderebbero le ragioni che hanno determinato la confusione che pure abbiamo riscontrato circa le epoche a cui vari autori e varie pubblicazioni fanno risalire tanto l’ assunzione della dignità cardinalizia del nostro personaggio, quanto la sua morte e perfino il suo luogo di sepoltura.
L’ eventualità appena considerata – se provata – per quanto sensazionale, contribuirebbe a fare ulteriore chiarezza su uomini e vicende che, nel corso dei secoli, sono state al centro di clamorosi equivoci.
Fabrizio Guastafierro

La pubblicazione di questa pagina è stata preceduta da quella della pagina intitolata
Il cardinale di Sorrento che assolse i templari
e sarà seguita da quelle delle pagine intitolate:
Apoteosi e declino dei Vulcano
Gli autori dell’ abbaglio
e da altre ancora.

© Nessuna parte può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’ autorizzazione scritta dell’ autore.
Note:
(1) Walter Ingeborg, nel 13° volume del “Dizionario Enciclopedico degli Italiani” edito a Roma nel 1971 dall’ Istituto dell’ Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani”, tra i testi richiamati come fonti e riferimenti bibliografici cita testualmente:
“Regestum Clementis papae V, cura et studio monachorum O. S. B”., Romae 1884-1892, ad Indicem;
“Les registres de Boniface VIII”, a cura di G. Digard-M. Faucon-A. Thomas-F. Fawtier, Paris 1884-1935, ad Indicem;
H. Finke, “Aus den Tagen Bonifaz VIII”., Münster i. W. 1902, ad Indicem e pp. 47, 103;
“Le registre de Benoît XI”, a cura di C. Grandjean, Paris 1905, ad Indicem, sub v. Landulphus card. S. Angeli;
H.Finke, Papsttum und Untergang des Templerordens, II, Quellen, Münster i. W. 1907, ad Indicem;
Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, I-II, Berlin und Leipzig 1908; III, ibid. 1922, ad Indices;
P. Funke, Papst Benedikt XI., Münster i. W. 1891, ad Indicem;
P. M. Baumgarten,Untersuchungen und Urkunden über die Camera Collegii Cardinalium, Leipzig und Berlin 1897, pp. 107, 132, 150, 187;
L. Mohler, Die Kardinäle Jakob und Peter Colonna, Paderborn 1914, pp. 251 s., 255, 266;
M. Schipa, Un principe napoletano amico di Dante (Carlomartello d’Angiò), Napoli 1926, pp. 143, 164;
S. Baluzius, Vitae paparum Avenionensium, a cura di G. Mollat, Paris 1928, II, ad Indicem,sub voce Landulfus;
T. S. R. Boase, Boniface VIII,London 1933, ad Indicem;
H. Hofmann, Kardinalat und kuriale Politik in der ersten Hälfte des 14. Jahrhunderts, Phil. Diss., Leipzig 1935, pp. 26, 37, 39, 42;
C. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, I, Monasterii 1913, pp. 12, 123;
Dictionnaire d’Histoire et de Géographie Eccl., X, col. 387.
(2) Pasquale Ferraiuolo – “La chiesa Sorrentina e i suoi pastori” – Fatto pubblicare nel 1991 a Castellammare di Stabia a cura della Eidos – Nicola Longobardi Editore per conto della Venerabile Congregazione dei Servi di Maria di Sorrento. Da pagina 199 a pagina 196.
(3) Filippo Anastasio – “Lucubrationes in Surrentinorum ecclesiasticas Civilesque antiquitates” – Edizione stampata a Roma nel 1731 (in due volumi).
(4) Bartolommeo Capasso – “Memorie storiche della chiesa sorrentina” – pubblicato a Napoli nel 1854 – Nota n° 3 posta in calce alla pagina 118.
(5) Ferdinando Ughelli – “Italia Sacra sive de episcopis Italiae et Insularum adjacentium”- Edizione pubblicata a Venezia nel 1771. Colonna 347 dell’ ottavo volume
(6) Alfonso Ciacconio – “Vitae et res gestae pontificum romano rum et SRE Cardinalium ab initio nasentis ecclesiae usque ad Clementem IX” – Edizione stampata a Roma nel 1677, colonna 291 del secondo tomo.

Bartolommeo Capasso

Mezzobusto di Bartolommeo Capasso ubicato nel cortile dell’ Archivio di Stato di Napoli