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Il possibile capostipite dei Bulcano

Avendo concentrato le nostre attenzioni sulla effimera ipotesi volta ad accreditare la improbabile discendenza della famiglia Vulcano (o Bulcano che dir si voglia) da quanti, in epoca romana, detennero la dignità di “Flamine Vulcanalis” ed avendo dato spazio al racconto di una leggenda che, pur essendo ancorata alla figura di Sant’ Antonino (che attualmente è considerato come il principale Santo patrono di Sorrento), sembra essere ben lontana dalla verità storica, non è peregrino avanzare, in questa sede, una eventualità che, ad onor del vero, non è mai stata considerata da alcuno, né è riferita da nessuna delle ricostruzioni delle tante (più o meno attendibili) ricostruzioni genealogiche che pure hanno visto interessata la casata dei Vulcano né in quanto originaria di Sorrento, né in quanto originaria di Napoli.
Il principio del ragionamento prende spunto da una pista che parte dall’ epoca in cui i Bizantini ancora mantenevano un relativo controllo dell’ Italia Meridionale.
Tra le ipotesi da approfondire nel tentativo di individuare un capostipite al quale far risalire l’ origine della famiglia Vulcano (o, meglio, Bulcano), infatti, ce n’è una che porta alla figura di un Catapano d’ Italia (1) che oggi gli storici individuano in Basilio Boioannes, ma che in realtà dovrebbe essere stato Basilio Vulcano o Bulcano.
Egli, agli inizi dell’ XI secolo, assunse la sua dignità di Catapano d’ Italia, per investitura dell’ Imperatore d’ Oriente Basilio II (detto il “bulgaroctono” – ossia il massacratore di Bulgari -), in uno dei periodi più delicati dell’ Impero bizantino.
Non a caso proprio Basilio Boioannes (ovvero Basilio Vulcano o Bulcano) si ritrovò a dover fronteggiare, a più riprese: i musulmani – che dopo avere conquistato la Sicilia tentavano sempre più aggressivamente di prendere possesso della Calabria – i ribelli pugliesi che seguirono Melo nella rivolta scoppiata per liberarsi dal giogo di Costantinopoli e, perfino, i primi normanni.
In realtà Basilio Vulcano (o come è più comunemente conosciuto Basilio Boioannes) si rivelò uno dei più importanti ed abili generali bizantini di quei tempi riuscendo ad ottenere numerose e rilevanti vittorie grazie alle quali Bisanzio potette recuperare – sia pure temporaneamente – il controllo della situazione nel Sud dell’ Italia.
A quanti sono interessati a conoscerne più approfonditamente la figura, le imprese ed il quadro storico nel quale egli visse, dedichiamo uno specifico approfondimento riportato in altra sede con tanto di opportuni rinvii.
In questa sede, invece, riteniamo doveroso soffermarci sul come sia stato scoperto che questo valoroso personaggio portasse il cognome dei Vulcano.
Ad effettuare la scoperta – o meglio a rivelare l’ arcano – è stato Carmelo Martorana, studioso del mondo islamico siciliano. Questi, infatti, nel soffermarsi su alcuni aspetti riferiti alla presa di Reggio Calabria, risalente forse al 1027 ha avuto modo di evidenziare: “Portandomi debito di gratitudine verso coloro che mi hanno avvertito, che l’ armata bizantina occupante già la città di Reggio nel 1027, non potea esservi molestata per niente dal distintissimo Vesuvio, come io disi che addivenne poggiato sull’ asserzione di Lupo Protospata, vengo non solo a confessare il mio fallo di aver seguitato più presto l’ autorità di una cronica, che non quella più forte della natura, ma pur ancora a indennizzare i miei lettori di questa menda che hanno trovato nel mio libro, facendo corretto me stesso insieme al P. Antonio Caracciolo, Camillo Peregrino, Ludovico Antonio Muratori, e Giova Batista Caruso, che portano qual passo del Protospata così erroneamente come io seguii.
Questi sommi scrittori nel far pubblicata la sopraddetta cronica di Lupo ne riportano il passo in quistione colle seguenti parole “captum est autem Rhegium, et ob civium peccata destrictum est a Vulcano catapano.” E in una di quelle edizioni con apposita nota, che sta in piede della pagina, si trova spiegato quel Vulcano catapano pel tanto noto Vesuvio. Or io messomi nell’ impegno di scuoprire se fosse veramente mendace il Protospata, o se andassero scorretti i sopradetti editori, sonomi dato a riscontrare quante altre pubblicazioni ho potuto avere in mano di quella cronica del Protospata; e m’ è venuto di osservare che dai dotti delle antichità italiane quella cronica è stata pubblicata secondo due diversi manoscritti; uno trovato tra certe antiche scritture di proprietà di Giovan Francesco Russo, che fu di norma a tutti gli editori di sopra nominati, l’ altro appartenente all’ antica biblioteca del Duca d’ Andrea, che porta dal primo non poche differenze, e fu pubblicato come più corretto dall’ accuratissimo Francesco Pratillo. Ora nell’ edizione di quest’ ultimo non si trova Vulcano ma Bulcano; laonde siamo a ravvisar quella voce come proprio di persona, che tenev’ allora l’ ufficio di Catapano in Calabria; però contraffatta in varii modi secondo la diversità de’ mss. e delle edizioni. Né la cosa rimane in semplice congettura, che porge il manoscritto del Duca d’ Andrea, ma viene a luce chiarissima per questi fatti che sono a dire. Adunque ricordano concordemente tutti gli scrittori calabresi di quei tempi, che l’ anno 1018 di G. C. fu creato Catapano di Calabria un certo Basilio, che poi nel 1025 fu mandato contro la Sicilia per combattervi i Saraceni, e finalmente nel 1029 venne rimpiazzato da un certo Cristofaro nel detto ufficio di Catapano. E si partì di Calabria. Or avverti che tutti i nominati scrittori danno un sopranome a questo Basilio, il quale non solo è diverso in ciascuno di quegli storici, ma pur varia in un medesimo autore secondo i differenti manoscritti, o la diversità dell’ edizione.
Così Guglielmo di Puglia lo soprannoma Bagiano, (lib. I v. 99), Leone d’ Ostia nell’ ediz. del Peregrino, lo dice Bolano (lib. 2 cap. 37, 38, 50 e 51) e in altri esemplari ora Bobano, ed ora Bojano (presso Peregrino Stor. De’ Princ. Longob. Vol. 4 pag.320 e 321 dell’ ediz. di Francesco Pratillo), e finalmente l’ istesso Lupo Protospata mentre negli anni 1018 e 1029 lo indica col sopranome di Bugiano, come fa la detta cronica di Bari; sotto l’ anno 1027 lo dice Vulcano, ed anche Bulcano, secondo la varietà dei manoscritti, ove credo che queste differenze, o per dir meglio scontra fazioni di nome, siano state fatte da’ copisti. Né cotesti scontorcimenti di voce li trovi solo nel nominato Catapano, che anzi occorrono di frequente per moltissimi altri, come vedesi di quel patrizio mandato da Costantino Porfirogenito alla difesa della Calabria circa al 953, che Lupo Protospata nominò Melchiano, la Cronica di Cambridge addimandò Melghiano, e il Cedreno, che fu scrittore greco, lo disse Malaceno. E similmente quell’ altro catapano di Calabria, che successe a Maniace nel comando dell’ armata greca venuta in Sicilia circa l’ anno 1038, da Giorgio Cedreno viene chiamato Doceano, da Lupo Protospata Dulchiano, da Leone d’ Ostia Dacliano (lib. 2, cap. 67), e da Guglielmo di Puglia Dochiano (loc. cit. lib. I). Della qual cosa io credo esserne stata causa non solamente l’ incuria de’ copisti, ma quella difficoltà soprattutto che s’ incontra sempre nella pronunzia de’ nomi forastieri, per cui si torcono a un certo modo, che non riesce più possibile di ravvisare la primitiva forma.
Però mi resta ad avvertirti che secondo la cronica Barese, la quale credesi la medesima di quella del Protospata con alcune aggiunzioni d’ un ignoto scrittore di Bari, in questo medesimo anno 1027 porta la ristorazione di Reggio per opera dell’ istesso Vulcano” Anno 1027 Rhegium restaurata est a Vulcano Catapano”. Laonde vedrai, che sebbene venisse confermato anche da questo passo che la voce Vulcano è un guasto di Bulcano o Bugiano, cognome che allora davasi a Basilio Catapano di Calabria come sopra si disse, pure ne risulta che il fatto riferito dal Protospata di aver colui distrutto Reggio in odio degli empii abitanti, ch’ erano Saracini, decade alquanto di fede per la contraria asserzione del Barese. E solo potrebbesi spiegare, che dopo avere atterrato quella città per farne snidati interamente i Saracini, come difatti mostrano quelle parole OB PECCATA CIVIUM, volle poi ristorarla quando l’ abitarono nuovamente i Greci. Ma perché gli storici dicono concordemente che l’ armata bizantina si partì di Reggio poco dopo averla presa, per la morte che sopravvenne dell’ Imperatore di Costantinopoli, neppure questo mi sembra verosimile che n’ abbia fatto ristorazione quel medesimo Catapano. Così credo che sarà ben fatto di cancellare dalle mie memorie quell’ intero passo, che solo guarda la sorte di Reggio dopo che fu presa da’ Bizantini, e niente affatto interessa la storia di Sicilia”.(2)
Le considerazioni del Martorana sono state apprezzate e condivise anche da altri studiosi. Primo tra tutti quel Michele Amari che, nel XIX secolo ebbe modo di pubblicare importanti opere dedicate alla Sicilia musulmana (ed ai Vespri siciliani), oltre che altri lavori letterari considerati di rilevanza internazionale.
In particolare questo storico, nel fare propri gli approfondimenti del Martorana, ha scritto:
In generale son pessimi i manoscritti degli Annali (della Sicilia musulmana n.d.r.) e dell’ Anonimo, come che voglia chiamarsi di Bari. Il nome del catapano ha le varianti Bulcano, Bugiano, Bagiano, Baiano, nelle quali si riconosce il Βασίλειος Βοϊωάννης, che sotto Basilio II governò felicemente la provincia, come narra Cedreno, tomo II, pagina 546, parlando di un suo figliuolo o nipote (Exaugustus Boiannes n.d.r.) dello stesso nome, sconfitto in Puglia dai Normanni il 1041. Questo Boioanni, trasmutato in Vulcano, parve ad alcuni eruditi non uomo ma vulcano che vomitasse lave sopra Reggio; della cui distruzione indi accusarono il Vesuvio, ch’ è lontano anzi che no. Si vegga un avvertimento del Martorana, Notizie Storiche dei Saraceni Siciliani, volume III, pagine da 2 a 6”.(3).
Alla luce di questi approfondimenti, dunque, è possibile affermare che, con ogni probabilità, il cognome dei Vulcano già esisteva nell’ XI secolo.
Ma come spiegare il fenomeno?
A prescindere dalle “storpiature” riscontrate nel caso specifico, è da rilevarsi che nel corso dei secoli, frequentemente, i cognomi possono aver subito successive e più o meno frequenti trasformazioni.
Il caso preso in considerazione in questa sede – come osservano gli studiosi ai quali si è fatto riferimento in precedenza – è sicuramente uno dei più eclatanti.
E non deve stupire se la forma di un cognome, conosciuta in tempi recenti può essere, sia notevolmente diversa da quella primitiva.
Varie le cause che possono avere determinato le metamorfosi.
Le evoluzioni, infatti, in qualche caso, possono essere state determinate da fenomeni linguistici o fonetici, in qualche altro caso sono maturate per effetto di banali errori di trascrizione, di influenze dialettali, di refusi che furono l’ espressione o il frutto del “libero arbitrio” di quanti erano incaricati di scrivere atti o di coloro che riportavano le cronache.
Talvolta semplici cambi di vocale o di consonanti hanno prodotto effetti di notevole portata.
Se solo si considerano le evoluzioni dei cognomi di due famiglie nobili sorrentine, ad esempio, ci si rende conto di quanto i cambiamenti possono essere stati frequenti e quanto possano avere inciso nel determinare più o meno profondi cambiamenti.
Il cognome dei Sersale, ad esempio, è nato – per contraddistinguere i discendenti di Saro, figlio del Principe di Sorrento – come Domini Sari e, nel tempo, ha anche assunto la forma di Sirisari, Serisali, Sersali e, infine, per l’ appunto di Sersale.(4)
Stesso discorso vale anche per i Vulcano che in atti, manoscritti e pubblicazioni sono stati indicati anche come Bulcano, Bulcani, Vulcani, quelli della famiglia Bulcana o come quelli della famiglia Vulcana. Questo, naturalmente, senza prendere in esame il caso del Catapano Basilio “Boiannes” che porterebbe a considerare anche le varianti di Baiano, Bagiano, Bugiano, Bulcano e Vulcano.
Malgrado queste premesse – che pure sembrano convincenti – è doveroso puntualizzare che nessuna ricostruzione genealogica dei vari rami della famiglia Vulcano ha mai preso in considerazione la figura del catapano Basilio quale capostipite.
Per questa ragione è assai difficile, almeno per il momento, dimostrare che le radici degli appartenenti a questa casata – che pure godette di grande prestigio e fu considerata nobile fin da epoche assai remote – siano da individuarsi direttamente a Bisanzio (Costantinopoli).
L’ ipotesi, però, non è da scartare “tout court”.
A prescindere dalle considerazioni appena proposte, è da rilevare, in ogni caso che non pochi appartenenti ala famiglia Vulcano, in seguito, si rivelarono abili cavalieri e giunsero a ricoprire incarichi di grande rilevanza sul fronte militare.
Per tutti, in questa sede si ricordino incidentalmente il caso di Giovanni Vulcano che l’ Imperatore Federico II – attorno al 1240 – nominò provvisore (provveditore) dei Castelli e quello di un suo omonimo (forse padre o, comunque, parente del cardinale Landulfo di sant’ Angelo) che potrebbe essere stato nominato Siniscalco del re in Provenza nell’ ultimo scorcio del XIII secolo.
Su questi, però, non essendo questa la sede opportuna per dilungarsi in approfondimenti che li riguardano, ritorneremo più dettagliatamente in seguito per fornire informazioni sufficientemente chiare in ordine alla portata degli incarichi rivestiti da ciascuno.
In questa sede, però, ci sembra opportuno sottolineare che non si possa considerare definitivamente archiviata l’ eventualità che la famiglia Vulcano (o Bulcano) possa discendere dal quel Catapano Basilio Boioannes – Bulcano a cui si è fatto finora riferimento.
Se è vero che – allo stato attuale – non si può disporre di un aggancio genealogico che consenta di dimostrare la bontà di una tesi del genere, crediamo l’ ipotesi meriti maggiori approfondimenti.
Fabrizio Guastafierro
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Note:
(1) La figura del Catapano d’ Italia, per certi versi, può essere assimilata a quella di vicario dell’ Imperatore d’ Oriente, o, comunque, di Governatore dei possedimenti vantati dai Bizantini in Italia o, in subordine, a quella di generale comandante delle forze armate di Costantinopoli.
(2) Carmelo Martorana – “Notizie storiche dei Saraceni Siciliani”, nella edizione pubblicata a Palermo, nel 1832, dalla Stamperia Pedone e Muratori . Da pagina 1 a 5 delle correzioni apportate al I volume.
(3) Michele Amari – “Storia dei Musulmani di Sicilia” II volume (stampato a Firenze nel 1858 da Felice Le Monnier, da pagina 300 a pagina 301.
(4) Sul punto ad esempio si vedano i ragionamenti sviluppati negli atti “Per la reintegrazione agli onori dell’illustre piazza di Nido pretesa da Giuseppe, e Bacolo Mastrogiudice Sersale“.