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Storia della Chiesa di S. Maria delle Grazie di Sorrento

La storia della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Sorrento (che si trova a poca distanza da Piazza Sant’ Antonino, per l’ appunto lungo Via Santa Maria delle Grazie) è intimamente legata a quella del vicino ed omonimo convento che ancora oggi ospita un monastero di clausura femminile.
Tanto il monastero di Santa Maria delle Grazie di Sorrento quanto la chiesa prospiciente furono edificate, per volontà di Bernardina Donnorso, in un periodo storico particolarmente delicato: quello in cui si registrò l’ invasione dei Saraceni a Sorrento (1558).
Le prime testimonianze che restano di questo complesso ecclesiastico-conventuale sorrentino, sono quelle risalenti al 1566.
In quell’ anno, infatti, la sorrentina Bernardina Donnorso – rimasta vedova in seguito alla scomparsa di suo marito (Giovan Marino Anfora) creò le condizioni perché iniziasse l’ edificazione del complesso stesso che fu dotato di case e masserie affinché potesse economicamente indipendente.
A caratterizzare in senso “rivoluzionario” (per quei tempi) la nascita del monastero, fu la decisione della sua fondatrice di accogliere in esso solo le «figlie del Popolo di Sorrento e del suo Piano».
La qual cosa non mancò di esprimere una sorta di spirito di ribellione verso il ceto nobiliare sorrentino, dal momento l’ ingresso al convento fu precluso alle nobili ed alle possidenti della città del Tasso.
Ciò malgrado il fatto che Bernardina Donnorso appartenesse ad una delle famiglie nobili del Sedil Dominova di Sorrento e che si fosse imparentata, grazie al suo matrimonio con la famiglia Anfora annoverata tra i nobili dell’ altro seggio nobiliare sorrentino: il sedile di Porta.
Si trattò di una novità che, per certi versi, fu considerata “stravolgente”. Ciò perché, in precedenza, nel cuore della cittadella (corrispondente all’ attuale centro storico di Sorrento) erano presenti conventi femminili ai quali potevano accedere sono donne appartenenti alla nobiltà sorrentina.
A rendere ancora più esplicita la decisione di Bernardina Donnorso di creare una struttura monastica di stampo esclusivamente popolare, contribuì il fatto che la stessa fondatrice stabilì che, per l’amministrazione temporale, le suore del convento sorrentino dovessero dipendere da due laici e popolani scelti dalla Piazza del Popolo di Sorrento.
E così fu.
Nel giorno di fine d’ anno del 1566 i popolani si riunirono nel parlamento sorrentino nominarono Antonio di Auriemma procuratore “della Fedelissima Piazza del Popolo di Sorrento e del suo Piano”.
Ad aiutare Bernardina Donnorso nei suoi progetti, inoltre, fu l’Arcivescovo delll’ epoca Giulio Pavesi.
Questi, infatti, a dispetto della linea d’ azione intrapresa dopo il concilio tridentino e consistente nello scioglimento dei cinque maggiori monasteri femminili sorrentini (per accorparli in un numero minore: il convento di San Paolo a Sorrento e quello della Santissima Trinità di Sorrento) donò proprio al monastero di Santa Maria delle Grazie l’ area dove anticamente sorgeva la Chiesa di S. Catello (poi, trasferita nella chiesa di S. Marco nel vicolo Bagnagatte, oggi, via Pietà).
Fu un vero e proprio affronto alla nobiltà sorrentina che si vedeva decimare le strutture destinate ad accogliere i propri discendenti, proprio mentre si dava ampio spazio alla nascita di un monastero per le figlie del popolo e degli abitanti del Piano di Sorrento.
Malgrado lo “scandalo” e le polemiche (che pure ci furono) il monastero di clausura prosperò ed accolse un numero sempre crescente di donne (per lo più giovani) decise, per l’ appunto, a trascorrere la propria esistenza nella clausura di Santa Maria delle Grazie di Sorrento.
Nel 1594, Bernardina Donnorso, ormai “passata a miglior vita” fu seppellita nella stessa Chiesa di Santa Maria delle Grazie in Sorrento.
Ciò non compromise la prosperità del complesso che comprendeva chiesa e monastero che, viceversa, poco più di due secoli dopo (nel 1812), finì – grazie ad una decisione del Re Gioacchino Murat – con l’ inglobare anche il fabbricato del convento della Santissima Trinità di Sorrento che era stato soppresso.
A turbare gli equilibri del monastero di Santa Maria delle Grazie di Sorrento (così come quelli degli altri conventi femminili e maschili presenti sul territorio) contribuirono gli effetti che scaturirono in seguito al processo che portò alla unità d’ Italia.
I nuovi monarchi, infatti, nell’ acquisire al demanio il patrimonio e le strutture immobiliari dei complessi religiosi stabilirono che anche questa chiesa fosse chiusa e che le monache fossero allontanate dal convento.
Si aprì un contenzioso destinato a concludersi verso la fine del XIX secolo
Come ricorda Pasquale Ferraiuolo (in “Chiese e Monasteri di Sorrento” – edito a cura della Venerabile Congregazione dei Servi di Maria di Sorrento, nel mese di Marzo 1974): “Contro tale ingiusta soppressione insorse il Comune a difendere la donazione fatta dalla Donnorso in favore del popolo di Sorrento. Il Tribunale Civile di Napoli, con sentenza del 7 settembre 1874, condannava il Demanio a restituire tutto al Monastero; il Demanio ricorse alla Corte di Cassazione di Roma ed anche in questa sede il Comune ebbe ragione. Poiché nel frattempo tutte le proprietà del monastero erano state vendute a privati, il Demanio risarcì il monastero di una somma irrisoria in titoli di Stato; ma l’ opera voluta da Bernardina Donnorso era salva e le monache poterono finalmente ritornare alla loro antica casa monastica nel 1875”.
Fabrizio Guastafierro