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10) Le armi “non autorizzate”

Quando si parla del rispetto delle leggi vigenti in materia di Araldica Civica in Penisola Sorrentina, viene spontaneo parafrasare l’antico adagio secondo il quale “Se Sparta piange, Atene non ride”.
Se Sorrento, infatti, si ritrova alle prese con la necessità di chiedere l’autorizzazione per l’uso del gonfalone e della bandiera (uniformandole, per l’appunto, ai principi araldici), la quasi totalità degli altri comuni della Terra delle Sirene è in condizioni ancora più disdicevoli.
Sempre in occasione delle verifiche effettuate presso l’Ufficio Onorificenze ed Araldica del Dipartimento del Cerimoniale dello Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – a proposito delle insegne della città del Tasso – oltre a quelle già evidenziate in precedenza, sono emerse anche altre sconcertanti sorprese.
Sant’Agnello, Meta, Piano di Sorrento e Vico Equense, infatti, non hanno alcuna autorizzazione, né per usare lo stemma del quale pure si fregiano, né per disporre (ed esporre) un proprio gonfalone, né tantomeno per lasciare che una bandiera civica possa garrire al vento.
E dire che ci sono realtà – come quella di Piano di Sorrento – che hanno accarezzato l’idea di poter vantare una propria “arma” perfino prima di vedersi riconosciuta la piena autonomia territoriale ed amministrativa da Sorrento.
Secondo quanto riportato sulle pagine di “La Penisola Sorrentina – Istoria – Usi e costumi – Antichità” (scritto da Manfredi Fasulo), nella prima metà del cinquecento: “la deputazione o rappresentanza dell’Università” peninsulare “era costituita da due sindaci nobili pei seggi di Porta e Dominova, 2 sindaci popolani 1 per Sorrento, l’altro pel Piano e 16 consiglieri cioè 8 patrizi ed 8 pel popolo e questi divisi: 4 per Sorrento e 4 del Piano. Tale unificazione amministrativa, però, non garbava affatto ai pianesi, i quali non avevano mancato di sollecitare cause e reclami in contrario, perché esponevano che la maggioranza dell’amministrazione composta di nobili sorrentini, li gravava d’ingiustizie e soprusi. Quindi erano venuti prima i tentativi di autonomia facendo stampare le carte del comune con un’insegna speciale, poscia altri strappi al duro regime, infine una serie di ostilità palesi ed infilzata di cause per ogni cavillo”.
Particolarmente imbarazzante, inoltre, è la posizione di Vico Equense i cui amministratori hanno richiesto (ed ottenuto nel 2002) il titolo di Città, ma continuano ad ignorare l’obbligo di richiedere una specifica autorizzazione per il proprio stemma.
Non meno edificanti, in ogni caso, sono anche (almeno in termini di immagine) le considerazioni in cui versano Sant’Agnello e Meta.
L’unico comune che risulta essere in regola (per lo stemma ed il gonfalone, ma non per la bandiera) è quello di Massa Lubrense che ha ottenuto le prescritte autorizzazioni il 19 luglio 1986.
Gli altri, dunque, fino a quando non si riveleranno rispettosi delle leggi vigenti, sono da considerarsi “fuorilegge”.

© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento