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Sorrento, Carlo Amalfi e un omicidio mai commesso

La storia di un omicidio mai commesso

A rendere ancora attuale la leggenda che riguarda proprio Carlo Amalfi, la sua permanenza a Sorrento, il periodo della sua formazione nella Terra delle Sirene e, più in generale, la sua vita, recentemente ci ha pensato L. Sansone Vagni, (nell’ opera intitolata “Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, Le originiLa tradizione TemplareLa vitaIl periodo storicoIl cammino iniziatici del Tempio della Pietà” pubblicato dalla Bastogi editrice di Foggia, nel 1992) . L’ autrice, infatti, (riprendendo il libro fatto pubblicare nel 1883 a Sant’Agnello da Gaetano Canzano Avarna, dal titolo: “Leggende popolari Sorrentine”) scrive: “Con riferimento alla sempre citata “leggenda” dell’ Amalfi, diamo qui qualche ragguaglio sul singolare episodio che lo vide protagonista insieme ad un suo collega.
L’ Amalfi, dunque, allievo del Conca a Sorrento, insieme ad un altro apprendista di nome Luigi Blower, apprese nella bottega di questo valente Artista i primi rudimenti dell’ arte del dipingere. Purtroppo l’altro allievo, il Blower,pur fingendosi amico, non tralasciava occasione di rubargli continuamente il lavoro, tantoché in occasione dell’ordinazione di un quadro raffigurante un San Michele Arcangelo, con raggiri e false promesse, abilmente, se ne fece assegnare l’esecuzione. L’ Amalfi s’indignò per l’infido comportamento dell’ “amico” e cercò di parare il colpo eseguendo, a sua volta, un altro bozzetto sul medesimo soggetto. La commissione giudicatrice l’ accolse con più favore e l’ Amalfi, che con sua grande soddisfazione si vide assegnare l’ ordinazione del quadro,per rendere più esaltante la sua vittoria sullo sleale avversario, non esitò a dipingere il diavolo, ai piedi dell’Arcangelo, con le fattezze del Blower.
Questi non istette dal querelare il collega e l’ Amalfi, processato, si vide assegnare un anno di prigione.
Scontata la pena, dopo l’ uscita dal carcere fu riavvicinato dal Blower che, offrendogli le sue scuse, lo convinse a riallacciare la loro vecchia amicizia, cosa a cui egli apparentemente aderì.
L’ Amalfi però sapeva che l’amico era pauroso per natura e timoroso del mare; covando la sua vendetta verso l’ insincero collega volle giocargIi un brutto scherzo. In una sera di burrasca riuscì a convincerlo ad uscire in barca con lui per una passeggiata in mare.
Il Blower lo seguì ma l’ Amalfi, ad una certa distanza dalla riva, lo lasciò su uno scoglio chiamato “Verevece” (l’ isolotto del Vervece è a poche centinaia di metri, in linea d’aria, dalle spiagge di Massa Lubrense e poco più distante dalla spiaggia di Sorrento n.d.r.) e gridandogli contro tutti i torti ed i tradimenti ricevuti, si dileguò nella notte a bordo della sua barchetta, lasciando il Blower in precarie condizioni di sicurezza e con il rischio di venire travolto dalla furia del mare.
L’ Amalfi non aveva veramente intenzione di abbandonare ad una sicura morte il pavido amico: voleva solo spaventarlo affinché si pentisse dei torti e delle malefatte che aveva ripetutamente esercitato contro di lui. Infatti, di lì a poco, ritornò con l’intenzione di riprenderlo a bordo, ma con terrore e sgomento, si accorse che lo scoglio era deserto. Credutolo morto per sua colpa, l’ Amalfi ne ebbe un profondo rimorso che non lo lasciò più in pace per tutta la vita.
Trascorsero gli anni e l’ Amalfi, verso il 1750, si trasferì da Napoli a Nocera dei Pagani per eseguirvi dei lavori di pittura, ma nel corso di essi si ammalò gravemente e sentendosi vicino a rendere l’anima a Dio, volle confessarsi: chiese l’intervento di un frate cappuccino, da un convento che si trovava lì nei pressi, affinché gli impartisse l’ estrema assoluzione.
Quale fu la sua meraviglia e sollievo quando, nel corso della sua confessione, si rese conto che quel fraticello accorso al suo capezzale di morente, era proprio quel Luigi Blower da lui creduto morto.
L’antico condiscepolo, invero, quella stessa notte tempestosa che si trovava minacciato dai flutti, preso dalla paura della morte e dai rimorsi, fé voto di ‘Vestire il saio se si fosse salvato. Di lì a poco dei pescatori a bordo di una barca di Procida che tornavano in porto sentirono, nel mare in tempesta, le sue invocazioni d’aiuto, lo videro sullo scoglio e lo salvarono portandolo a terra. Blower mantenne il suo voto e si ritirò in Convento.
Sul letto di morte l’ Amalfi ed il Blower si scambiarono il reciproco perdono e così l’Artista rese l’anima a Dio tra le braccia dell’ amico ritrovato e redento”.
La storia appena riportata non trova alcun genere di riscontro in fonti ufficiali e, dunque, è destinata a restare nell’ ambito del mondo delle leggende.
Tuttavia contribuisce ad accrescere quell’ alea di mistero che pure circonda il personaggio anche in ragione del suo intenso rapporto di collaborazione con il Principe Raimondo di Sangro, anche noto come il Principe di Sansevero.
Fabrizio Guastafierro