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Un celebre matrimonio a Sorrento

Un matrimonio a Sorrento destinato a passare alla storia
Le regine di Napoli che hanno portato il nome di Giovanna, hanno collegato, indissolubilmente la loro figura a quella di Sorrento.
Giovanna I d’Angiò, infatti, prima di diventare Regina, ricevette proprio la città di Sorrento (che all’epoca estendeva i suoi confini ben oltre quelli attuali, perché comprendeva anche quelle che oggi si conoscono come: Massa Lubrense, Sant’Agnello, Piano di Sorrento e Meta) alla morte del padre Carlo, nel 1328, assieme al Ducato di Calabria ed al Principato di Salerno.
Essa, dopo essere salita al trono nel 1343, non mancò di interessarsi della sua Sorrento. Infatti con diploma del 24 gennaio 1346 approvò il dazio del quarto o “Quartuccio” sui viaggi delle barche e la vendita delle mercanzie, grasce e vitelle a favore di Sorrento. Poi, nel 1350, trasferì la sua sede nella casa dei Vulcano (ora Palazzo Teora) alla Via Tribunali in Napoli, dimostrando in tal modo il suo apprezzamento, la sua stima e la sua fiducia nei confronti della famiglia nobile originaria di Sorrento.
Nel 1399, invece, Sorrento ebbe modo di conoscere Giovanna II in una circostanza davvero straordinaria: quella relativa alla celebrazione di un matrimonio a Sorrento, destinato a passare alla storia.
Al riguardo Manfredi Fasulo, nel suo “La Penisola Sorrentina – Istoria – Usi e costumi – Antichità” (editato a Napoli nel 1906 e ristampato nel 1993 a cura di Gerardo, Giuliana e Fabrizio Gargiulo), nel fornire una versione colorita dell’evento, scrisse: “Nel 1399 si celebrò a Sorrento, uno sposalizio principesco e la città apparve in festa. Lungo le vie adorne d’arazzi, fiori e bandiere coi colori delle case di Durazzo e d’Austria, si vedeva una insolita animazione; la strada che menava dal Castello alla chiesa di S. Antonino era tutta ornata con archi di mirto e la terra sparsa di fronde e foglie di rose. Da tutte le vie sboccava sulla piazzetta un fiume di genti, venute anche da Massa e dal Piano e gareggianti fra loro con nuove vesti e gale; nel tempio, un parato magnifico e la luce di centinaia di candele, rendevano bello l’ambiente, colmo di persone; il grosso campanone suonava a festa.
Venutosi alla cerimonia, dopo che il notaio Lazzaro Guardati, sor, ebbe letti i capitoli da lui redatti e il patto che univa in matrimonio la Principessa Giovanna di Durazzo sorella di Ladislao, con Guglielmo Duca d’Austria, alla presenza di Ladislao Re di Napoli, della Regina Margherita e di Angelo, Patriarca di Costantinopoli e Nunzio di Papa Bonifacio VIII tutti stando in piedi, in mezzo ad un gruppo di baroni napoletani e nobili sorrentini, il Nunzio assistito dallo Arcivescovo di Sorrento, Roberto Brancia e dal Vescovo Guido della Porta, sor, congiunse e benedisse a nome del Pontefice, il sacro vincolo.
Usciti tutti di chiesa, il corteo si mosse in mezzo ad una calca di popolo plaudente. Un vago gruppo delle più leggiadre fanciulle nobili di Sorrento, seguiva la bellissima sposa al braccio del Duca, venivano poi il Re e la Regina, la Corte, i patrizii napoletani e sorrentini indi il Governatore e le Autorità del paese, i Sindaci dei Seggi, varii armati e molto popolo, in ricchi, variati, pittoreschi costumi. Così proseguì il corteo fino al palazzo del governo, sito vicino alla chiesa di S. Quinto detta poi del Carmine, ove seguì un magnifico convito. Nell’annesso giardino, che si prolungava fino alle sponde del mare furono disposte artisticamente le tavole. Ad una di esse, su seggioloni di velluto damascato, stavano gli sposi, il Re e la Regina, poi tutti in giro gli altri della Corte, i nobili e le dame invitate, quelli con ricche e lucenti armature e con elmi o berretti ornati di variopinte penne, le dame con robe di velluto e seta adorne di gioie. Sugli alberi, pennoni e trofei, sulle tavole fiori ed arbusti di mirto e arancio e palme, e ponticelli di confetti e frutta. Le più rare specie di uccelli e pesci furono serviti e vini e confetture costosissime.
Verso notte, una serenata fatta sul mare, con un coro di augurii, portò l’omaggio della gentile Sorrento agli sposi regali”.
Pur essendo divenuta anch’essa regina nel 1414, Giovanna II dovette penare non poco per affermare la sua leadership e dovette provvedere a sedare non pochi tentativi di rivolta.
Sempre secondo il racconto fornitoci dal Fasulo : “Calmate per un poco le lotte, nel 1423 la regina Giovanna II, veniva a villeggiare col figlio adottivo in Sorrento, dove essa aveva fatto costruire una casa vicino alla chiesa di Casarlano che poi donava nel 1425 ai Padri Domenicani, che vi stabilivano un convento e vi stavano ancora nel 1568.
Con privilegio del 13 luglio 1428 la regina dava a Zottola Correale il territorio detto Capo di Cerere a Sorrento, dalla parte della Città sino al lido di mare, e nel frattempo si facea costruire una villa a Vico, altra a Massalubrense e forse una terza al Capo di Sorrento, essendovi rimasto leggendario il bagno della Regina Giovanna”.
Fabrizio Guastafierro