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23) Alcune famiglie nobili cancellate dalla storia di Sorrento

I LIMITI DELLA RICERCA: TROPPE LE FAMIGLIE NOBILI CANCELLATE DALLA STORIA LOCALE
Anche la nostra ricerca sull’ argomento – sebbene riteniamo che offra numerosi elementi di innovazione -, in un certo senso, presenta dei limiti.
Essi derivano, in parte da scelte precise che siamo stati costretti ad operare ed in parte dal fatto, che la storiografia locale risente di tante omissioni e delle censure imposte implicitamente da una parte della nobiltà locale.
Questa, infatti, nel difendere a spada tratta la condizione di “seggi chiusi” tanto al Sedile di Porta, quanto al Sedil Dominova, (soprattutto a partire dal XVII secolo) non solo ha impedito il riconoscimento formale della nascita di nuovi nobili o della presenza di famiglie originarie di altre realtà (impedendone o scoraggiandone l’ammissione), ma ha contribuito a far cancellare il ricordo di importanti prosapie.
Ad onor del vero noi stessi abbiamo inteso limitarci per non deviare eccessivamente dal filo conduttore che abbiamo voluto seguire nello sviluppare il nostro lavoro.
Tuttavia riteniamo doveroso puntualizzare che esistono tutti gli elementi per credere che anche altri sorrentini possano aver preso parte alle crociate.
Ciò perché, a differenza di quanto si crede, tra le famiglie nobili locali del tempo, sicuramente ce n’ erano molte che non sono mai risultate iscritte nei Sedili e di cui non c’è traccia nelle pubblicazioni che contengono riferimenti alla nobiltà locale.
Biagio Aldimari (“Memorie historiche di diverse famiglie nobili così napoletane come forestiere”), Carlo Borrello (“Vindex Neapolitanae Nobilitatis”) e Scipione Mazzella (“Descrittione del Regno di Napoli”), ad esempio, sostengono che la famiglia Faccipecora, poi divenuta Protonotabilissimo (peraltro iscritta al seggio Capuano di Napoli) abbia avuto origine nella Città del Tasso. Per loro, come per i Mastrogiudice, è probabile che l’  evoluzione della cognomizzazione risenta delle cariche pubbliche rivestite o degli onori goduti. E, dunque, nel caso specifico, emerge chiara la dignità e l’ importanza acquisita dai Faccipecora nell’ Impero che trovava in Costantinopoli il proprio punto di riferimento.
Tra l’ altro, nel descriverne il blasone, il Mazzella dice che lo stemma di questa famiglia conteneva “un drago alato d’oro in campo rosso”.
In effetti molto, ancora ci sarebbe da dire, non solo a proposito dei Protonotabilissimo, ma anche dei Filomarino. Tra quanti sostengono che essi potrebbero avere avuto origine nella Terra delle Sirene, spicca, ancora una volta, Biagio Aldimari.
Carlo Borrello, invece, nel contestare la loro “sorrentinità” deve ammettere l’esistenza di una scuola di pensiero secondo la quale il loro capostipite, Goffredo, altri non sarebbe stato se non “filio Marini Surrentini”.
Bernardo Candida Gonzaga ritiene che essi traggano origine da Marino console della Repubblica napoletana, ma anche afferma che i Filomarino goderono, comunque, di nobiltà a Sorrento. Ciò nonostante non indica il seggio al quale dovrebbero essere stati iscritti.
Un’ulteriore riprova del fatto che le famiglie nobili sorrentine fossero molto più numerose di quelle che si è abitualmente portati a considerare, è rinvenibile nei già citati atti del procedimento che, a lungo ha visto combattere i fratelli Cesare e Filippo Vulcano per conquistare il diritto ad essere iscritti al Sedile di Nido.
In questo caso, però, la fonte è rappresentata dalla memoria presentata da Stefano Patrizi contro i due nobili. Questi, infatti, sia pure contestandone la validità (non formale, né sostanziale, ma ai soli fini del contenzioso) evidenzia l’ esistenza di una scrittura risalente alla fine del XIII secolo e dichiara: “Ella contiene un’ordine nel tempo del regnare di Carlo II del 1289, per liberarsi dalle prigioni del Castello di Melfi Pietro Vulcano Assio, e Sergio di lui fratello, Landulfo Romano, Roberto Appendicario militi, Pietro d’Andria, Riccardo Romano, e Giudice Severino. Dal Castello di Torre maggiore di Salerno Ruggiero Marzati ed Andrea Falangola. Dal Castello dell’Ovo di Napoli Riccardo di Nobilione. Dal Castello di Somma Pietro Vulcano Zancallone, Giovanni Marone, ed Errico Filingieri, ed Alferio di S.Croce; e da’ confini della Città di Napoli Giovanni Comite e Pietro Vulcano. Tutti costoro di Sorrento si dicono esser stati posti in quei Castelli da Giovanni di Manforte, Conte di Squillace, e di Monte Scaglioso, Gran Camerario del Regno; ed in quel tempo, che nel Principato di Terra di lavoro governava Girardo Vescovo di Sabina, e Legato della Sede Apostolica; e che il Giovanni di Manforte esercitava l’ufficio di Baiulo del Capitano”.
Il che, evidentemente, accresce notevolmente le fila delle famiglie nobili che sicuramente nel 1289 – ma probabilmente anche molto prima – si consideravano a tutti gli effetti sorrentine e che rivendicavano, con orgoglio la propria appartenenza territoriale anche nei frangenti più difficili (come potevano essere quelli, per l’appunto, della prigionia).
L’elencazione, in effetti, sarebbe ancora molto lunga risultandoci spunti che, tra le tante, vedono interessate (per origini locali o per presenza nella Terra delle Sirene durante i secoli) le famiglie dei Guindazzo, degli Acconciajoco, dei Giffone, dei Carbone, dei Carratella, e di molte altre ancora.
Tuttavia per sostenere la militanza di altri sorrentini negli eserciti crociati, sarebbe indispensabile, prima, dimostrare, che le famiglie citate abbiano veramente avuto un ruolo nella vita cittadina.
La qualcosa, pur essendo possibilissima, richiederebbe, però, eccessive e troppo lunghe divagazioni.
Come pure eccessive divagazioni avrebbe comportato un approfondimento sulle famiglie di Massa Lubrense.
All’ epoca, questo comune, già cominciava a vantare vocazioni indipendentistiche, ma rientrava a tutti gli effetti nel territorio di competenza sorrentina.
In questo caso, dunque, sarebbe interessante accertare come e per quali ragioni i Caputo (che si vuole siano discendenti dai principi di Antiochia), siano finiti nell’estremo lembo della Penisola.

© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento