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Sorrento e le politiche per le residenze (I Parte)

10.1 Le politiche per le residenze
Come si è evidenziato nel cap. 3, la situazione abitativa a Sorrento è estremamente precaria.
L’ eccessivo livello dei costi  di mercato per l’ eccezionalità dei luoghi, la presenza di seconde case o di abitazioni non locate perché utilizzate stagionalmente per affitti turistici, l’ utilizzo per attività terziarie e di servizio di molte unita abitative (Sorrento svolge una funzione direzionale per il versante napoletano della penisola), ha comportato negli ultimi anni un ulteriore esodo di residenti sorrentini verso i Comuni vicini (sopratutto Massa Lubrense), la permanenza ancora di abitazioni malsane o inidonee e l’aumento di coabitazioni, sopratutto di famiglie giovani.
Si tratta di un fenomeno rilevante, che sfugge alla tradizionale considerazione tra numero di famiglie residenti e numero di abitazioni, ma che si specifica nel caso di Sorrento – ma anche della maggior parte dei Comuni della penisola – per le condizioni particolari del mercato immobiliare.
Nelle analisi più attente sulla città, sulle sue evoluzioni e sulle sue prospettive, appare evidente invece quanto la ‘trasformazione” sociale ed economica della società possa guidare i processi di modificazione urbana di una città o di parti di essa, anche senza visibili effetti sull’ edilizia, ma con conseguenze notevoli sul suo uso.
Ne deriva una mutevole e fluttuante condizione in cui la contraddizione tra la staticità del patrimonio edilizio (immobile) e la dinamicità degli usi (mobili), non è legata alla quantità dello stock edilizio disponibile, ma alla qualità economica ed insediativa della città.
Il valore dei “beni” – valore inteso non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto sotto il profilo della qualità urbana, dell’ ambiente in cui si inserisce, della dotazione infrastrutturale, della prospettiva di sviluppo sociale, … – acquisisce significato anche in relazione a fattori emozionali (l’ heimat, ad esempio), tipologici, rappresentativi. Questo spiega, in parte, l’ evoluzione della domanda delle tipologie abitative (ma anche dei luoghi di lavoro) rispetto a canoni più tradizionali (un sottotetto abitabile è più ricercato, ad esempio, di una casa tradizionale).
Per una realtà urbana come Sorrento – come altre città europee a vocazione prevalentemente turistica – questa difficoltà è accentuata da uno squilibrio dei normali parametri di uso del patrimonio edilizio, prevalentemente orientato al turismo stagionale o temporaneo, rispetto a realtà urbane nelle quali residenze, luoghi di lavoro, attrezzature e attività economiche sono più o meno equamente distribuiti.
Non appare semplice, né codificabile non tanto la descrizione della consistenza edilizia, ed in particolare di quella abitativa, quanto la sua relazione con gli usi, l’ assetto proprietario, l’ ampiezza delle famiglie, in una situazione in cui il mercato immobiliare degli acquisti come delle locazioni è guidato da fenomeni esogeni (richiesta dei mercati non locali) più che dai consueti meccanismi legati alla evoluzione della popolazione locale (movimento migratorio, movimento naturale, indice di anzianità, ….).
Una anagrafe del patrimonio edilizio può registrare pertanto solo una parte di questi fenomeni, censendo lo stato di consistenza dell’edilizia, ma, anche in presenza di un puntuale censimento degli abitanti, non riesce a restituire una ragionevole realtà sugli usi di tale patrimonio, sfuggendo ad essa fattori diffusi a Sorrento, quali:
a) la considerevole quantità di abitazioni utilizzate temporaneamente da proprietari non residenti;
b) la presenza di quote di abitazioni di proprietari che hanno stabilito la propria residenza a Sorrento (per motivi di opportunità, anche fiscale) ma che abitano stabilmente in altre città (Napoli, ma anche Roma);
c) la presenza di quote di abitazioni utilizzate per altre attività (studi professionali, attività terziarie e direzionali, servizi turistici, ….);
d) la presenza di quote di abitazioni utilizzate per attività turistico – ricettive, quali affittacamere e bed & breakfast, o trasformate in pensioni;
e) la presenza di quote di abitazioni rurali trasformate in abitazioni civili (pur mantenendo la categoria catastale originaria),
Così che, a fronte di un considerevole numero di abitazioni utilizzate solo stagionalmente, il patrimonio veramente disponibile, sopratutto per le famiglie storiche di Sorrento che stanno per essere gradualmente espulse, si assottiglia sempre più.
Nella Relazione introduttiva all’ anagrafe edilizia allegata al Puc (cfr. Appendice A – Anagrafe Edilizia) redatta ai sensi dell’ art. 13 della legge regionale 35/1987, i problemi relativi alla comprensione dei fenomeno abitativo sono ampiamente descritti.
Il PUT non affronta il problema e non da risposte nel merito (35), ma – in modo asettico e rigido – affida la possibilità di previsione di nuove abitazioni alla sommatoria di tre componenti: l’ incremento naturale nel decennio (per intero), la riduzione dell’ indice di affollamento fino ad un abitante a vano, calcolato sulla base dell’ anagrafe edilizia, (ridotto ad un terzo), la sostituzione di vani malsani e/o fatiscenti (ridotto ad un terzo) (36).
E’ evidente che il risibile e bizzarro metodo di calcolo dei reali fabbisogni non riesce ad affrontare ed a risolvere una problematica molto più complessa, tanto più che non si comprende perché il fabbisogno di nuovi vani per l’eliminazione di case malsane dovrebbe ridursi ad un terzo.
Va considerato, innanzitutto l’ astrattezza del calcolo tradizionale di soddisfacimento delle condizioni di abitabilità che assume come parametro standard soddisfacente quello di 1 abitante per 1 vano (inteso quale “stanza” secondo la definizione dellI’ ISTAT ovvero al netto dei vani accessori), poiché:
– Questo rapporto presuppone, sul piano meramente statistico, la presenza di uno stock abitativo composto da tutti i vani disponibili, senza tener conto della composizione delle unità immobiliari (numero di vani per abitazione), e di un numero di occupanti composto genericamente da tutte persone singole, senza tener conto della composizione dei nuclei familiari (numero di persone per famiglia);
– dall’ applicazione di questo rapporto deriverebbe che ad una persona può corrispondere un solo vano come soddisfacente, a due soli due vani, e via via, per cui per 6 o più persone occorrerebbe, come standard soddisfacente, una abitazione di almeno 6 o più stanze. Gli standard abitativi ricorrenti (vedi ad esempio quelli relativi all’ edilizia residenziale pubblica) considerano, invece, come alloggio minimo per una o due persone almeno 45,00 mq, pari ad almeno 2 stanze, mentre per i nuclei familiari più grandi (6-8 persone) questo rapporto diminuisce (110,00-120,00 mq pari a 5-6 stanze). Nei calcoli più attenti si rapportano le famiglie per numero di componenti alle abitazioni per numero di stanze, secondo un diagramma non di tipo lineare;
– il rapporto non tiene conto della rigidezza del patrimonio in relazione al titolo di godimento: una persona sola che vive in una abitazione di 4-5 o più stanze (condizione di sottoutilizzo) di sua proprietà non si trasferisce certo in una abitazione più piccola per rispondere ad uno standard ottimale, mentre, al contrario una famiglia di 5-6 persone che abita in un appartamento di 3 o 4 stanze (condizione di sovraffollamento) ma in locazione non si trasferisce in un appartamento più grande per i costi e la difficoltà del mercato;
– il raggiungimento dello standard 1:1 presuppone una mobilità – nello stesso arco di tempo – delle famiglie e lo scambio delle unità immobiliari in modo che ogni famiglia occupi l’ abitazione conforme per numero di vani al numero di persone del proprio nucleo familiare. Una sorta di grande trasloco (utopico) in virtù di un parametro (virtuale) prefissato.
Ne consegue che la verifica dell’ indice di affollamento (ovvero del rapporto tra abitanti e vani da loro abitati) diventa un riferimento utile solo nella misura in cui il valore maggiore o minore di 1 segnali una condizione specifica di sovra o sotto utilizzo dell’uso di quella abitazione da parte di quel nucleo familiare che vi abita.
Mentre perde di significato – se non per fini meramente statistici – quando si riferisce a categorie più ampie (interi fabbricati, quartieri, città,…).
Il testo che precede è integralmente tratto dalla Relazione del Piano Urbanistico Comunale di Sorrento predisposto dal Dirigente del IV Dipartimento del Comune di Sorrento, Ingegnere Guido Imperato con la consulenza del Prof. Arch. Guido Riano