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Convento di San Francesco a Sorrento (2.0)

CAPITOLO SECONDO
IL COMPLESSO CONVENTUALE DI SAN FRANCESCO NELLA SOCIETA’ SORRENTINA
Item voIe ordina dieta Majesta che in dicta Cita similiter pro bono et quieto vivere se habea ad fare el consiglio, o vero regimento quolibet anno de numero de vinti. . . . . .
Item vale et ordina dicta Majesta che lo sigillo de dicta Cita similiter se debea conservare et tenere in un altra cassecta con quattro chiave le quale se habeano detenere per li sindici de dicta Cita et che dicta cassecta con dieta sigillo se habia da conservare et tenere a la sacrestia de dicta venerabile ecclesia de sancto Francisco de dicta Cita……
Item vole et ordina dicta Majesta che tucte scripture et cautele de la dicta Cita similiter se debeano ponere et conservare in la dicta sacristia dela dicta venerabile ecclesia da sancto Francisco……
Sono queste alcune delle disposizioni contenute nello statuto municipale concesso alla città di Sorrento il 5 settembre 1491 da Ferrante d’ Aragona.
L’ atto relativo è dato a Castelnuovo ed è emanato per volontà del Re dal suo segretario in persona del Pontano. Come si legge, la chiesa di San Francesco e, per la precisione, la sua sacrestia, è deputata solennemente a svolgere importanti funzioni nel quadro dell’ ordinamento municipale ivi configurato. Al luogo è, infatti, affidato il delicato compito della conservazione del sigillo e delle scritture comunali, il primo destinato ad autenticare le decisioni del potere delle autorità locali nell’ ambito delle autonomie concesse dal Re, e le seconde destinate a rappresentare ufficialmente la memoria storica attraverso gli atti dell’ esercizio di quel potere. La circostanza della rappresentatività delle fabbriche francescane nel seno degli ordinamenti municipali dell’ epoca trova riscontro in frequenti altri casi nei quali, là dove esisteva, il monastero di San Francesco era anche il luogo dove si riuniva il Consiglio. Questi ed altri motivi impongono all’ attenzione degli storici locali e non il convento di San Francesco di Sorrento.
Da un documento antico si apprende che le origini della fabbrica risalgono al 625, da quando il senato sorrentino, che governava le sorti del ducato di Sorrento, decise di far sorgere nei pressi della grotta, già luogo di penitenze dell’ abate Antonino, un monastero per le monache benedettine. Successivamente la fabbrica, trovandosi al di fuori delle mura della città, fu ritenuta inidonea e le monache furono trasferite in altra sede all’ interno della cinta muraria. Così il vecchio monastero, abbandonato dalle monache benedettine, fu occupato dai francescani conventuali, la cui Regola, alimentata dalle grandi figure di proseliti, come quella di San Bernardino da Siena, nella seconda metà del secolo XIV, si andava diffondendo per tutte le terre della penisola sorrentina. E quindi a quel tempo e a quel contesto risale il primo insediamento francescano a Sorrento. Un evento, questo, favorito dalla regina Giovanna II della dinastia angioina, che in numerose occasioni mostrò la sua benevolenza nei confronti della città di Sorrento, come quando, in occasione delle carestie che afflissero quelle popolazioni nel corso del secolo XIV, com’ è chiaramente documentato nei registri della cancelleria angioina, quei re disposero l’ invio di grano da Messina “pro civitate Surrenti”.
Il primo insediamento fu presto coronato da tanto incoraggiante successo da spianare la strada ad ulteriori spazi che i francescani non mancarono di conquistarsi, penetrando in profondità nel tessuto sociale di quella popolazione promuovendone una progressiva crescita sul piano religioso, su quello culturale e ancora, di riflesso, su quello civile. Tra le luci della prima missione francescana e le ombre post-tridentine rappresentate dai fanatismi e anche da qualche esempio di degenerazione che spesso sfociava in colorite speculazioni di questuanti o padri guardiani senza scrupoli, puntualmente annotate dalla cronaca, arriviamo al momento della decadenza che si manifesta sotto forme varie e per motivi diversi, non esclusi quelli conseguenti alla politica anticuriale dei ministri di Carlo III di Borbone e in particolare di Carlo de Marco, segretario di stato per gli affari ecclesiastici e di Bernardo Tanucci, capo della  Segreteria di Stato, i quali sfruttano, per la realizzazione del loro disegno politico, con molta tempestività, le opportune offerte dal degrado degli ultimi rappresentanti dell’ Ordine, protagonisti di episodi poco edificanti. L’ Ordine sopravvissuto alla prima soppressione, fu coinvolto dalla soppressione del 1863, la quale innescò una serie di proposte per l’ utilizzazione del convento. La sorte riservata ai francescani fu generalmente considerata ingrata da parte di alcuni ceti della popolazione. La supplica rimane inascoltata. Il materiale utilizzato riveste una grande rilevanza per la ricostruzione di una pagina importante della storia di Sorrento nell’ età moderna e contemporanea, che a fronte della maggiore quantità della documentazione esistente, tutta da organizzare, finisce con l’ essere, tutto sommato, meno nota di quella dell’ età medievale, che malgrado la distruzione degli archivi relativi attribuita alle invasioni saracene, è sorretta dalle cronache e in particolare da quella dell’ Anonimo Sorrentino.
© Testo integralmente tratto dalla Tesi di Laurea intitolata “L’ Insediamento dei Francescani e la loro presenza nella Penisola Sorrentina”, discussa dalla Dott.ssa Serafina Fiorentino, nell’ anno accademico 1992/1993 presso la Facoltà di Teologia dell’ Ateneo Romano della Santa Croce (Istituto superiore di Scienze religiose dell’ Apollinare). Relatore Prof. A. Soldatini.
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