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I Francescani a Sorrento negli ultimi due secoli (2.3)

II.3 La soppressione ed il ritorno dei francescani a Sorrento
Tra la fine del settecento e gli anni venti dell’ottocento, dimorano nel convento di San Francesco una ventina di frati. Lo si desume da due documenti: il primo, del 1779 (35), è una risposta alla segreteria della Real Camera di Santa Chiara, che diede, tramite il Commissario di Campagna di Nevano quali sono i conventi e gli ospizi della penisola sorrentina e quante presenze contano. Il secondo, del 1820 (36), è un documento compilato probabilmente per una statistica dello stato borbonico. Nelle “osservazioni” del documento infatti si legge “Questo convento di San Francesco di Sorrento, è composto di circa 20 religiosi. Il medesimo non possiede né stabili, né fondi, né rendite, ma sta appoggiato tutto su la Divina Provvidenza. Vi è il giardino unito a detto Convento per commodo di essi Religiosi, e si vive di sola limosina”. É proprio questa assenza di rendite che salva il convento di San Francesco dalla cosiddetta prima soppressione dei primi anni dell’ ottocento. Infatti la “laicizzazione” operata dai francesi “colpì” soprattutto le corporazioni religiose, conventi e monasteri, e soprattutto gli ordini possidenti, che erano ovviamente i più ricchi. La riduzione e la soppressione di monasteri o di interi ordini religiosi, e l’ incameramento e la destinazione dei loro beni a fini di pubblica utilità non erano un fatto nuovo. L’ operazione condotta a termine dai governi rivoluzionari e napoleonici assumeva ben altro valore per la giustificazione ideologica e per il carattere generale e sistematico, per cui solo eccezionalmente rimasero in vita alcuni conventi, scarsamente dotati, o alcune corporazioni con compiti particolari (37). A Sorrento le soppressioni sono numerosissime: vengono chiuse le case dei domenicani, degli agostiniani, dei carmelitani e dei conventuali. A Sorrento resistono la comunità di San Francesco insieme con quella dei Teatini di Sant’’Antonino. Passata la burrasca rivoluzionaria, durante la restaurazione borbonica, che si impegna a tutelare i conventi scampati alla soppressione e che nel Concordato del 1818 si assume direttamente la cura dei monasteri degli osservanti, dei riformati, degli alcantarini e dei cappuccini (38), il convento di San Francesco sembra vivere un periodo di tranquillità.
Ma la tutela garantita ai francescani dal governo borbonico restaurato viene meno con l’ Unità d’Italia. Ai sensi della legge del 17 febbraio 1861 del nuovo regno italiano anche il convento di San Francesco subisce la seconda soppressione e nel 1863 si redige un primo inventario dei beni posseduti dai frati. Ma i francescani non lasciano il convento finché la legge del 7 luglio 1866 sul riutilizzo degli ex conventi non accelera l’ effettivo sgombro dei locali. Il 3 dicembre 1866 il Fondo culto dispone lo sgombero dei locali (39). Il provvedimento ha una reazione immediata nella popolazione. Anche a Sorrento la gente tenta di conservare la presenza dei frati ricordando l’ aiuto che i francescani hanno offerto nei momenti difficili attraversati dalla popolazione soprattutto nel corso della prima metà del secolo (40) . La supplica è sottoscritta da ben 189 firme tra le quali è facile individuare la preponderanza di un ceto medio artigianale e commerciante che in questi anni comincia ad assumere un notevole peso economico e sociale all’ interno della cittadina (41) . Ma la supplica a nulla vale ed al momento dello sgombero dei frati dal convento il padre guardiano Gaetano da Maddaloni riesce solo a guadagnare qualche giorno per poter permettere ai frati, provenienti da località più lontane, di raggiungere con calma la propria famiglia e per poter assicurare a tutti un anticipo della pensione lo spettante per legge. Il 31 dicembre 1866 il Fondo Culto si appropria dei locali ed in questa occasione si completa l’ inventario già redatto nel 1863. Così il 18 giugno 1867 il Fondo Culto concede al Municipio di Sorrento i locali del convento di San Francesco e quello di Sant’Antonino (di proprietà comunale). Fino al 1902 l’ ex convento è occupato dalle scuole municipali e da un asilo d’ infanzia mentre le stanze rese redditizie sono date in affitto ad impiegati governativi. Nel settembre 1902 il sacerdote don Liberato Russo viene nominato rettore della chiesa con il consenso dell’ arcivescovo ed il 6 ottobre 1902 viene redatto un inventario di consegna. É in questa occasione che la biblioteca dei frati, passata al demanio, viene acquistata dalla Congrega dei Servi di Maria di Sorrento che la conserva ancora oggi. Alla fine degli anni venti, intorno a San Francesco, vi è una fitta rete di positivi interessi dovuti soprattutto al trasferimento nell’ ex convento del Regio laboratorio scuola di intarsio ed intaglio proveniente dai locali dei soppressi teatini, locali divenuti insufficienti a contenere il maggior numero di iscritti del dopoguerra (42).  Con il trasferimento della scuola, il chiostro riceve un’ attenzione mai conosciuta: l’ architetto Gino Chierici, che ha già restaurato la facciata della chiesa, preme Francesco Fedele, ministro della Pubblica Istruzione dal 1924, affinché venga approntato un importante progetto di restauro. In realtà il ruolo del podestà in questa fase di avvio dei lavori diviene sempre più delicato in quanto egli riceve pressioni da più parti e non solo dal rettore della chiesa. Nel 1828 infatti, a Napoli, il ministro provinciale dell’ Ordine francescano (43) avvicina personalmente il podestà di Sorrento, il duca Giovanni Maresca di Serracapriola. Il padre francescano avanza una richiesta “verbale”: che i frati francescani facciano ritorno a Sorrento nei locali di San Francesco, casi come desidera anche lo stesso arcivescovo Paolo Iacuzio. Il podestà si consulta con il suo vice a Sorrento, Paolo Sersale, e comunica che la richiesta non può essere accettata per vari motivi: l’ ex convento è proprietà municipale, l’ arcivescovo non ha nessun potere nella questione.
L’ anno successivo il 27 maggio 1929 viene pubblicata la legge n. 848 (44) sugli enti ecclesiastici, secondo la quale la chiesa di San Francesco può essere ripresa dai francescani, perché di fondazione dell’ Ordine, mediante una semplice richiesta dell’ autorità ecclesiastica e i frati possono ritornare ad occupare quella parte del convento annessa alla chiesa e destinata a rettoria.
L’ Ordine francescano rinnova la richiesta, e perché intendono istituire a Sorrento un alunnato serafico, necessitano dell’ intero convento. Finalmente il 31 dicembre 1929 il podestà dichiara la possibilità in un futuro di ritornare a Sorrento. Il 25 novembre 1936 il conte Placido de Sangro, regio podestà ufficializza l’ accordo secondo il quale ai monaci va la chiesa conventuale di San Francesco in Sorrento con le suppellettili, nonché la proprietà dei locali assegnati come rettoria. La storia di lungo periodo della presenza francescana a Sorrento si ferma idealmente qui, al ritorno dei frati. Il significato e la portata della loro presenza nella vita cittadina non sono stati e non sono tuttora assolutamente trascurabili.
Note:
(35) ACSFS, ff. 100-110.
(36) ACSFS, ff. 287-289.
(37) Villani P., Italia Napoleonica, Napoli, 1978, p. 46.
(38) Cestaro A., cito t p. 100.
(39) Per i problemi connessi alla seconda soppressione e per il ruolo dei mediatori assunto da sottoprefetti e pretori, cfr. Barletta L., La Chiesa in Campania, in Storia d’Italia Einaudi, Le Regioni dall’ Unità a oggi: La Campania, a cura di Macry P. e Villani P., Torino 1990, pp. 903-938, passim.
(40) ACSFS, ff. 577-583.
(41) L’ elenco è conservato nell’ ACSFS.
(42) Pane R., La scuola d’ arte per la tarsia e l’ ebanisteria a Sorrento, Firenze 1941, passirn.
(43) É Padre Izzo, residente nel Convento di Santa Maria La Nova di Napoli.
(44) Documenti conservati nel l ‘ACSFS.
© Testo integralmente tratto dalla Tesi di Laurea intitolata “L’ Insediamento dei Francescani e la loro presenza nella Penisola Sorrentina”, discussa dalla Dott.ssa Serafina Fiorentino, nell’ anno accademico 1992/1993 presso la Facoltà di Teologia dell’ Ateneo Romano della Santa Croce (Istituto superiore di Scienze religiose dell’ Apollinare). Relatore Prof. A. Soldatini.
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